La nostra piazza era un accogliente spicchio di mondo dove era sempre bello arrivare. Era allegra ed immensa quella piazza -le piazze degli altri borghi non sempre lo sono- furono queste le prime immediate sensazioni che ebbi quando ci misi piede per la prima volta, oltre trent’anni fa, avevo 6 anni e la profondità del mare negli occhi. Feci un po’ di fatica all’inizio a capire gli umori delle sue genti ed il suo ritmo, ma a modo mio me ne innamorai subito. Era un’oasi materna la piazza di Saturnia, con la sua generosa fonte in travertino a due bocche, che dispensava l’acqua più dissetante che abbia mai bevuto, era sensuale la piazza, con la gaudente Felicina che ci osservava tutti dal suo perpetuo rinfrescarsi. Ti insegnava la Storia e la Poesia con la cara maestra Diana che scendeva in piazza con la sedia sotto il braccio per assistere agli eventi mondani. Ti faceva sentire Maradona e Platini, la piazza, quando giocavamo a pallone, al Monumento, nei pomeriggi di novembre dopo scuola o nelle fresche mattine d’estate quando scuola non c’era si stava sempre in piazza. La piazza ti faceva sognare altri orizzonti e ti faceva maledire la provincia in quelle ore lunghe, che sono diventate anni, sulle sue panchine. Ah! Le panchine della piazza! Quante panchine che c’erano in piazza! Alcune grandi e verdi in ferro battuto con lo schienale ricurvo, altre piu’ moderne e leggere piene di scritte, poi c’erano quelle in travertino, piu’ intime, a soli due posti e c’erano i muretti ed i muretti con sotto le panchine, che in quel caso facevano da poggiapiedi. A seconda delle ore del giorno e del tempo, ogni panchina aveva una sua funzione strategica. Chiedete ai vecchietti, loro sono i re delle panchine. La piazza faceva gola con i profumi che giungevano dalle botteghe e dalla cucina di Michele, la piazza a volte era morbida come il pane fresco toscano appena sfornato. La piazza era esotica quando c’erano Astarte ed il negozio della Julie e mia sorella che correva per la piazza, mezza nuda, a 3 anni. La piazza era un mondo intero quando c’era la sala giochi della Mariuccia, che cambiava le 200 lire -pescate con la calamita in Felicina- mentre filava la lana. Che meraviglioso contrasto irripetibile; i videogiochi giapponesi e questa vecchina toscana di due secoli fa con il fuso tra le dita e la veste nera. La piazza alle volte era gustosa come un gelato di Claudio, altre volte era edificante come l’edicola del Marani, che -altro che internet- possedeva tutto lo scibile socio-culturale di cui avessimo bisogno all’epoca; dai libri di filosofia alle figurine Panini. In un vicolo dietro la piazza ho dato il primo bacio e la piazza mi faceva innamorare tutte le estati. La piazza poi é cambiata, anche noi siamo cambiati e qui all’America, dove tutto é bello e tutto é grande, io una piazza immensa come la Piazza di Saturnia non l’ho mai trovata.