Ho visto Maradona. Questo il titolo della Gazzetta stamattina, lo trovo perfetto, quintessenziale. Soprattutto per noi che lo abbiamo visto con occhi innocenti ed i colori degli anni ’80. I Diego Maradona non sono roba da tutti i giorni. Qui siamo nell’ambito dei grandi eroi e, si sa, loro sono sempre giovani e belli e chi li vede da vicino si fa portatore di leggenda.
Diego a Napoli fu leggenda dal primo giorno ed io a Diego l’ho visto due volte in quell’estate del 1984, dall’alto dei miei sette anni. Grazie a papa’ mio, tifoso del Napoli disilluso ma non vinto e subito ammaliato da questo personaggio che per la sua grandezza gia’ esulava il calcio, ma era con il pallone che riscattava i popoli.Vidi per la prima volta Diego dal vivo al San Paolo, un Napoli-Casertana tre-a zero di Coppa Italia, fu sconvolgente seguire dagli spalti quella figura riccioluta in maglia azzurra che appena toccava la palla faceva esplodere di gioia settanta-ottantamila persone all’unisono. Faceva battere il corazon per davvero, non c’erano dubbi. Roba da raccontarlo a mamma a casa! Roba da innamorarsi.
S’innamorarono tutti di Diego in quegli anni ottanta, ma proprio tutti, e quelli che non lo fecero erano dei pazzi. Diego Armando Maradona, il più napoletano tra i napoletani, nato in Argentina, la terra più’ partenopea che ci fosse al mondo fuori dalla portata del Vesuvio, arrivava a Napoli per regnare 7 anni e vincere. Napoli aveva di nuovo un Re per il suo trono e c’erano ancora dei piemontesi da sconfiggere.
Vidi di nuovo Diego quell’estate dell’84 e questa volta fu un attimo, ma molto intimo. Da poco ci eravamo trasferiti in Toscana, ed il Napoli quell’anno fece il ritiro estivo a Castel del Piano sul Monte Amiata. Io e mio papa’ Toni, eravamo da quelle parti per non so quale commissione, lui un po’ sperava d’incontrarlo ma senza accanimento e così passammo in auto davanti all’hotel dove alloggiava con la squadra. Diego era appoggiato sulla ringhiera di un balcone al primo piano, a 10, forse 15 metri da noi, non c’era nessun altro. Mio padre gli urla qualcosa di incitante un po’ in spagnolo, un po’ in napoletano che poi in fondo e’ la stessa cosa. Lui ricambia con un sorriso, alza un braccio in segno di vittoria e sotto sotto si capisce che gli facciamo simpatia. Ed io bambino di nuovo come di fronte al Santo, con questo tizio che ha come un’aurea intensa intorno ai ricci.
E santini veri e propri erano le figurine Panini che lo rappresentavano, che fosse stato Cirio, Buitoni o Mars, quando spuntava la figurina in maglia azzurra di Diego tra anonimi volti in pigiama a strisce bianconere era sempre un’emozione. Anche quando era un doppione. Anche se non tifavi Napoli.
Diego lo rividi tre anni dopo al Comunale di Torino in una trasferta epica dove riscattò grandemente tutto il Regno delle Due Sicilie e quei milioni di emigranti che uscivano in strada dalle fabbriche torinesi per applaudire il popolo di Napoli ed il suo re che sfilavano trionfanti verso quel primo scudetto. Juventus-Napoli 1 a 3. Cose mai viste prima!L’estate prima fu Diego in Messico, che con la casacca argentina riscattò l’affronto de las Malvinas in barba alla Thatcher ed a tutta l’Inghilterra, trasformandosi in quel “barrilete cosmico”, puro genio e sregolatezza divina.
Ed ancora Italianovanta; Diego mostrò l’uomo e le lacrime agli infami che fischiavano l’inno argentino. E i napoletani dimostrarono ancora una volta un cuore grandissimo restando fedeli al Re. Tifarono tutti Argentina!
Ho visto Maradona. Anche quando l’uomo è caduto, si è rialzato ed è ricaduto. Ma, o mama, mama, mama innamorato io son. Vos sos el Diego de la gente! Que vivas para siempre.