Nicoletta Despina attende in strada il passaggio di qualche avventore pomeridiano diretto sulla costa orientale dell’isola. E’ lì per ammazzare la noia ed il vento caldo che soffia su Lipsi, ma un po’ anche per vendere pomodorini e formaggio di capra fresco. Il belga inganna il sole greco nella dispensa, dietro un grande cappello di paglia sfrangiato, siede tra i meloni bianchi ed affonda i pensieri nel Mare Egeo che riempe d’infinito una piccola finestra della casa sullo strapiombo di roccia. Solare l’una e burbero l’altro, i due tradiscono complicità e tenerezza con lo sguardo.
Quando Ollie ed io veniamo letteralmente travolti dalla gioia di Nicoletta Despina e dal profumo di mirto, avevamo appena risalito il colle più alto dell’isola, una bella scarpinata dal porto di Lipsi, dove i polpi si seccano stesi al sole davanti alle taverne e qualche pescatore, con movimenti lenti, sbroglia le reti nella quiete del meriggio.
-Fotografia, fotografia!- grida lei, spezzando il rumore del vento con quella parola che mi è così tanto cara e familiare e solo in quell’istante realizzo con quanta semplicità appartenga, soprattutto, a queste genti ed alla loro lingua, quel greco dolce genitore del nostro favellare. Nicoletta ha visto la mia camera e vuole essere fotografata, civettuola ed istintiva contadina del Mediterraneo orientale. Reca tra le mani rotonde e callose un fascio di cipolle bianche, chiama Olivia vicino a sé e si mette in posa. Io cerco la luce migliore e scatto una, due, tre, volte. La donna è grata, vuole ricambiare, ci conduce verso la casa, da un lato, scavate nella roccia, ci sono le stalle delle capre, entriamo nella dispensa, il belga è lì alla finestra ci fa un breve cenno di saluto e torna ai suoi ricordi. Lei, eccitata, ci scrive il suo indirizzo su un foglietto: Nicoletta Despina, Lipsi, Ellada -Non potete sbagliare- fa intendere, vuole la foto per posta e ricambia donandoci un melone bianco di Lipsi, profumatissimo, poi ci bacia e ci abbraccia. Il belga alza il cappello e ci dice in un italiano spezzato che lui è fiammingo, ma che è qui da una vita. A me piace pensare che sia rimasto qua dalla fine della guerra, che abbia scelto di scambiare la luce grigia di Anversa con l’azzurro dell’Egeo e gli occhioni scuri di Nicoletta Despina.
Quell’incontro ci ha riempito il cuore, una volta discesa la collina, dopo un tuffo nel fresco mare blu, con le labbra ancora salate, abbiamo assaporato la dolcezza di quel melone nato in una terra che di aspro ha solo il biancore di certe rocce, ma che per il resto è culla.
I giorni nel Dodecanneso sono scivolati via morbidi, i miei sensi sono ancora stimolati dai piaceri del Mediterraneo mentre il nostro viaggio di #solandata prosegue, mentre scrivo queste parole, poco dopo aver varcato in treno il confine tra Europa ed Asia, sto ancora metabolizzando i simpatici incontri degli ultimi giorni greci, il volo notturno verso Mosca dalla kitsch isola di Kòs e la splendida accoglienza nella capitale russa.