Sul ponte siamo rimasti io ed il sassofonista nero, uno di fronte l’altro. Lui gode del morbido sole di dicembre, io della sua musica. Fino a qualche minuto prima c’era una famigliola colombiana che lanciava molliche alle anatre nello stagno, poi, d’improvviso, ha continuato il lento passeggiare nel parco. Poco dopo, un ebreo ortodosso con due bimbi per mano ed il cappello dalle grandi falde, attraversa il ponte, il sassofonista per un attimo s’interrompe e dice -Shalom- l’uomo ricambia, poi riempie di nuovo il silenzio con la sua melodia. A ritmo piu’ intenso sono passati anche due corridori ed un cane al guinzaglio di una ragazza bionda. Ma adesso, per un tempo indefinito, siamo io e lui soltanto, lui con la barba bianca e gli occhiali scuri, io con il sole tra i capelli. L’incanto viene rotto dal suo telefono che squilla, l’uomo risponde, io sono di fronte che lo racconto digitando silenzioso queste parole e mi accorgo che a sua volta, il sassofonista mi sta raccontando al proprio interlocutore, dicendo che sul ponte un uomo é seduto quieto sul bordo, e qui al parco oggi un giorno speciale per fare musica. Mentre realizzo questo passaggio e mi distraggo a guardare il sole calante, lui é tornato a suonare e la gente ad attraversare il ponte.